Quando si parla di partecipazione si pensa spesso a processi decisionali “secchi” dove la scelta è tra due opzioni, come realizzare o non realizzare un importante intervento territoriale.
Ed è noto però che è invece nell’impostazione dei problemi che si annidano le questioni cruciali, soprattutto tenendo conto che è in questa fase che si predispone l’assetto del territorio, lo sviluppo delle potenzialità, il coordinamento, la sinergia e coerenza tra i diversi interventi.

Interazione tra due gruppi di lavoro nel workshop su GeoDesign
In altri termini è nella corretta ed efficace pianificazione che si mettono le basi per la salvaguardia e lo sviluppo del territorio.
Ed è per questo che le metodologie che favoriscono il contributo multidisciplinare e il coordinamento dei diversi soggetti coinvolti (stakeholders) diventano chiave per la co-progettazione territoriale.
A Cagliari, con la presenza del prof. Carl Steintz, il coordinamento del prof. Michele Campagna dell’Università di Cagliari (Dip. Ingegneria Civile Ambientale e Architettura DICAAR) e la partecipazione di un folto gruppo di ricercatori, specialisti e cultori della materia, si è avuto un ciclo di eventi (conferenza, workshop, incontro-meeting) che hanno permesso di toccare con mano la metodologia denominata GeoDesign capace di far interagire correttamente i diversi interlocutori, dalle fasi preliminari di analisi, alle mediazioni e confronti fino alle decisioni. Metodo che permette di avere un piano costantemente aggiornato frutto del contributo di tutti. Un metodo che arriva all’affinamento del piano passando per tre o quattro step di messa a punto e mediazione. L’abbiamo sperimentato per approfondire l’area metropolitana di Cagliari, proprio ora che è in fase di consolidamento la parte istituzionale di creazione della Città Metropolitana di Cagliari con 17 Comuni coinvolti.

Il profilo di Michele Campagna in dialogo con il prof.Steintz
La metodologia
La metodologia per il Geodesign si basa sull’interazione costruttiva di gruppi di lavoro che in parallelo sviluppano il piano per poi arrivare a sintesi. Esiste una fase preliminare nella quale un team di specialisti raccoglie una serie di mappe tematiche che rappresentano una fotografia del territorio sotto i diversi punti di vista (ambientale, beni culturali, trasporti, ecc. ecc.). Già in questa fase è possibile dare un’impostazione progettuale, che in questo caso è stata quella degli specialisti. Una fase propedeutica necessaria per poter avere anche dei riferimenti quali-quantitativi e per identificare le risorse vulnerabili, i vincoli e gli impatti come anche i fattori di sviluppo attraverso indicatori macroscopici. Mappe di riferimento che permettono di avere lo stato esistente quindi di partenza del lavoro di Piano.
Nel caso del workshop su Cagliari ecco le mappe di riferimento iniziali tra cui: Aree a rischio Idrogeologico, Trasporti, Residenzialità sia alta che bassa densità, Agricolo, Industria e Commercio, Turismo, Cultura, Ambiente)
Da qui si è partiti in questo workshop con una prima fase di lavoro basata sulla creazione di 10 Gruppi di lavoro, ognuno con un focus particolare per meglio declinare quanto già predisposto:
- CULTH beni culturali
- ECO ecologia
- HZRD sicurezza idrogeologica
- TOUR turismo
- COMIND Commercio e industria
- AGRI Agricoltura
- HIGH H Residenza ad alta densità
- LOW H Residenza a bassa densità
- TRASP trasporti
- SMART imprese di innovazione (ICT).
Ognuno di questi team ha alimentato idee progettuali (denominate Diagram) identificando aree dedicate e infrastrutture puntuali o genericamente politiche per le aree coinvolte.
I primi tre gruppi (CULTH, ECO, HRZD) verificano come proteggere e rendere meno vulnerabili le risorse territoriali, gli altri si concentrano su come generare lo sviluppo e l’attrattività territoriale).
Nasce così una prima collezione di progetti e una versione di Piano da cui emerge un set di proposte condivisibili tra gruppi rappresentate e visibili attraverso una struttura applicativa che supporta i gruppi di lavoro. Ogni team può prendere visione e analizzare gli altri progetti attraverso la visualizzazione e la sovrapposizione delle mappe delle diverse idee. Emergono le prime interazioni tra le azioni proposte, prima all’interno di ogni singolo team, poi incontrandosi e confrontandosi.

Le proposte progettuali (Diagrams) ordinate in verticale per tematica, nel nostro caso: CULTH, ECO, WZRD, TOUR, COMIND, AGRI, HIGH-H, LOW-H, TRASP, SMART)

Un momento di confronto nel workshop
Ogni gruppo può elaborare ulteriori proposte raccogliendo spunti dagli altri e facendo ulteriori proposte modificate o di sintesi con alcune precedenti.
Ma a dare anima e coerenza ai vari progetti secondo una visione d’insieme è stata la creazione di nuovi gruppi di lavoro, ognuno a rappresentare uno specifico stakeholder. Un gioco di ruolo utile a simulare la reale situazione dei portatori di interesse che devono espicitare i propri needs in trasparenza e coinvolti nel processo decisionale. Nel nostro caso sono stati definiti 6 team:
- METRO : focus ai temi di coerenza dell’area metropolitana
- RAS : rappresentanti della Regione e delle istituzioni
- DEV: developers, ovvero imprenditori e operatori di mercato
- CULTH : rappresentati le istanze culturali
- TOUR: operatori del Turismo
- GREEN: associazioni ambientalistiche e di valorizzazione ambientaleconsci che non possono esser troppi e che si poteva tener conto anche di altri soggetti come le amministrazioni locali (qui rappresentati da Metro), chi si occupa di tempo libero, sport ecc. (qui inglobati su Cult, Tour, Green).
Da qui si definiscono i progetti specifici interagendo nel contempo con gli altri gruppi sia online sia incontrandosi per trovare idonee mediazioni e valutando eventuali concessioni reciproche.

Geodesign e l’analisi dell’area metropolitana di Cagliari
Nasce così una seconda versione di Piano che permette di analizzare l’impatto dei diversi interventi, sia presi singolarmente sia combinati, arrivando così all’impatto d’insieme.
Per poter procedere è necessario ora far sintesi delle idee dei diversi gruppi e per fare questo e creare dei cluster di proposte si attiva un primo step di valutazione dei lavori altrui attraverso una matrice di chi valuta e chi è valutato secondo una scala forzatamente senza valore neutro ma di sintonia positiva (+ good, ++ partner) o negativa (x not good, xx never).
Qui si evidenziano le valutazioni reciproche e le corrisponenti sintonie, capaci di attivare dei primi cluster e sintesi di gruppo. Dopo questa fase che potrebbe sembrare competitiva (in parte può anche esserlo) le capacità di collaborazione emergono non solo per le valutazioni positive reciproche ma anche per confronti diretti sulle posizioni differenti.
Siamo nella terza fase con la realizzazione della terza versione del piano, frutto dell’interazione e sintonia con gli altri gruppi.
Dopo le mediazioni tra gruppi, superamento dei singoli progetti (diagrams) ogni gruppo seleziona quelli che reputa degni di essere implementati e così si vedono insieme quelli che sono stati scelti da tutti i gruppi fino a quelli da almeno due gruppi. Emerge così dove il consenso è pieno e dove è invece ridotto fino ad escludere quelli non sostenuti da tanti.
E’ così sempre più convergente l’emergere di uno o due piani condivisi dalla comunità intera dei partecipanti.
Il metodo ovviamente è malleabile, si può applicare alle aree vaste, a quelle metropolitane, città, quartieri o anche a scala ridotta. Quello che lo caratterizza è la capacità di recepire indicazioni da esperti di pianificazione design professions (urbanisti architetti ingegneri) specialisti geografic sciences (economisti, agronimi, geologi, ingegneri ambientali, esperti di sicurezza territoriale, di energia, di ambiente ecc.) gente del posto quindi esperti dei quel territorio (cittadini, amministratori, abitanti del luogo) di metterle a sistema attraverso una infrastruttura applicativa online che visualizzi e permetta l’interazione e che si interfacci con altre applicazioni (es. civic media).
Certo c’è bisogno della cultura e dello spirito collaborativo come descritto in partenza nel workshop e che chiunque si occupa di partecipazione sa essere il dna della cultura sociale e della sua ricaduta nello sviluppo territoriale.